Sbagliando s’impara nel lavoro come nella vita.

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Ne abbiamo parlato con Francesca Corrado Presidente Scuola Fallimento che ha fatto degli errori di
percorso il suo successo professionale. Ne solo nati corsi, libri, eventi formativi e presenze ad iniziative in
giro per l’Italia.

Avere successo parlando di ‘fallimento’. E’ il tuo caso?
Il mio obiettivo è divulgare una sana cultura del fallimento. Pochi osano, per paura di fallire e di sbagliare, perché l’insuccesso e l’errore sono vissuti come marchi indelebili. Noi italiani abbiamo un grande timore di commettere errori e non siamo capaci di gestirli in modo corretto. Questo atteggiamento riguarda le persone e anche le aziende. Ciò che accomuna le piccole realtà alle multinazionali è la loro avversione strutturale al rischio.

Sbagliare è bello?
La mia decisione di lavorare sul tema dell’errore è nata proprio dalla volontà di non usare
più quelle lenti deformanti della normalità che mostrano il fallimento come un marchio indelebile e lo
sbaglio come uno stigma sociale invalidante. Cambiando punto di osservazione l’insuccesso è in grado di
rivelare il suo potere e la sua bellezza.

Analizzare i fallimenti a cosa serve?
Serve ad avere una maggiore consapevolezza sui nostri valori e sulla qualità delle nostre relazioni all’interno del contesto famigliare, professionale e sociale. Il fallimento è il modo in cui la vita ci fa sapere che stiamo andando fuori rotta; è un feedback che ci aiuta a orientarci nella giusta direzione.

Scuola di fallimento, da dove è nata l’idea?
L’idea della Scuola è nata da una riflessione personale sulla mia percezione di errore e fallimento, sul mio inutile tentativo di agire inseguendo la perfezione e, soprattutto, dalle lezioni che la vita mi ha offerto. Fino al 2014 avevo una start up innovativa, un contratto di Docente di Teorie Economiche, un fidanzato e una casa. Il mio apparente annus horribilis è stato il 2015: ad un tratto non avevo più né una società, né una cattedra, né un fidanzato, né una casa. Da queste molteplici difficoltà è nato il desiderio di rimettere in discussione le mie certezze e i miei errori. Mi sono rimessa al lavoro per costruire qualcosa di nuovo facendo tesoro di ciò che avevo appreso nel mio cammino. La lezione più importante che ho imparato è stata questa: ci sono cose che si perdono per sempre, ma ci sono cose che si possono riconquistare. E allora è su quelle che dobbiamo ripartire.

Quali sono le pillole contenute nel tuo libro “Elogio del fallimento”?
Offro 5 lezioni da apprendere, un insegnamento da fare proprio e da mettere in pratica in ogni momento della vita.
La prima lezione: la vita non è una linea dritta ma è fatta di alti e bassi e l’errore è naturale e necessario per apprendere e migliorare; la seconda lezione è che la mente è complessa e apprende per prove ed errori, serve sviluppare il giusto mindset, allenarsi al fallimento, mollare quando è giusto farlo, e improvvisare di fronte agli imprevisti della vita; la terza lezione è scegliere ci fa paura perché dobbiamo fare la cosa giusta. Ma l’errore non è mai nella scelta in sé ma nel processo che ci ha portato a prendere quella decisione. La quarta lezione: il successo è la somma di esperienze fallimentari. Dalle biografie di campioni sportivi, imprenditori, scienziati, artisti emerge un elemento comune: nessuno è immune dall’insuccesso. La quinta lezione: non basta sapere che sbagliando si impara, occorre accogliere, analizzare e abbracciare
l’errore.

A chi si rivolge il tuo libro?
Questo libro è pensato in particolare per tutti coloro, donne e uomini, che hanno intrapreso un percorso, ma hanno deciso di non proseguirlo per paura di non ultimarlo; per quelli che sono avversi al rischio e timorosi dei cambiamenti; per chi non riesce a mettersi in gioco perché teme il giudizio altrui.